Flessibilità, fiducia, senso di responsabilità. Parlare di smart working significa cambiare il modo in cui si pensa al lavoro. Ma per diffondere questo nuovo modello occorre anche investire sulla digitalizzazione, la qualità delle reti e le dotazioni tecnologiche della pubblica amministrazione.
Strumenti per ripartire dopo la crisi
Queste le tematiche al centro del secondo appuntamento del ciclo di incontri “Ripartire dopo l’emergenza”, che si è svolto martedì 10 novembre. Promosso da Assercoop con il contributo della Camera di commercio di Venezia Rovigo ha visto la collaborazione di Confcooperative e Zico.
Nel corso del webinar, condotto da Francesco Casoni di Zico, sono state diverse le testimonianze che si sono alternate, portando punti di vista ed esperienze sulle nuove modalità di lavoro in remoto.
“Smart working significa flessibilità – ha spiegato in apertura Federico Paralovo di Zico – Non si lavora per orari, ma per obiettivi. Occorre però fiducia nei propri dipendenti e nella loro capacità di gestire il lavoro”. I vantaggi dello smart working sono diversi sia per i dipendenti, che per le aziende stesse: meno tempo sprecato in spostamenti, più flessibilità oraria, più benessere e motivazione.
Lo smart working nella pubblica amministrazione
Ma il passaggio al lavoro da casa richiede una radicale riorganizzazione, come accaduto in primavera per gli enti pubblici. “In marzo siamo partiti in maniera improvvisa, cercando di organizzare qualcosa del tutto nuovo – ha ricordato Silvia Fuso, assessore al Personale del comune di Occhiobello, in collegamento in remoto -. Le prime richieste sono arrivate per motivi personali, di famiglia e di salute. C’erano poi problemi logistici, legati agli spazi di lavoro. Oggi il numero di dipendenti in smart working è cresciuto e il comune ha da tempo posto le basi per calibrare il lavoro sugli obiettivi e non sulle timbrature. Ma è un processo complicato, specie per la pubblica amministrazione, che si fonda sul dialogo tra i cittadini e gli uffici”.
C’è inoltre il problema degli risorse e delle strumentazioni, per non parlare della digitalizzazione degli atti. “La pubblica amministrazione è un lavoro ancora fatto molto di carta – prosegue Fuso -. Si parla da anni di trasformazione digitale e le necessità della situazione attuale possono offrire lo slancio che forse finora è mancato”.
Oltre l’emergenza, un nuovo modello di lavoro
Un’esperienza di smart working ante litteram, infine, è quella di Riccardo Paiatto, polesano che lavora per un’azienda del bergamasco attiva nel settore energetico. “Dopo dieci anni fuori sede, ho sentito l’esigenza di tornare a casa in provincia di Rovigo – racconta -. Prima dell’emergenza, lavoravo due giorni la settimana da qui, utilizzando il coworking di Zico. Oggi lavoro in remoto a tempo pieno”.
Durante il lockdown, invece, ha svolto le sue attività interamente dalla propria abitazione. “Lo smart working ha richiesto a tutti di adattarsi, ma il principale limite che ho incontrato lavorando da casa è stata la connessione. La lentezza delle reti è un problema per chi deve gestire grandi quantità di dati a distanza”.
Il ciclo “Ripartire dopo l’emergenza”
Quello di martedì era il secondo appuntamento del ciclo promosso dallo sportello decentrato formazione e lavoro.
Il prossimo appuntamento è il 19 novembre 2020, sempre on line, dalle 9.30 alle 11.30, con un webinar sui contratti e gli incentivi, per aiutare le imprese a capire come dotarsi di nuove figure professionali per rilanciare le attività, innovare, creare nuovi strumenti per superare la crisi.