Nelle startup innovative c’è un grande potenziale anche per far crescere i luoghi della cultura italiani. Ma serve una nuova visione di cosa significhi “fare cultura”, che comprenda non solo una maggiore apertura al digitale, ma anche all’approccio imprenditoriale.
E’ stato questo il tema del primo “Aperitivo a ingegnosità collettiva”, proposto mercoledì 14 settembre nel coworking di Zico, con l’intenzione di ospitare periodicamente esperienze esterne, idee e visioni nuove.
Le startup innovative per la cultura
Per la puntata di apertura, condotta da Francesco Casoni di Zico, l’occasione è nata da una tesi di laurea, che ha coinvolto alcune startup culturali, tra cui una nata proprio nell’incubatore rodigino. “Le startup innovative per la cultura” è il titolo della tesi realizzata da Caterina Moro, laureata in Economia aziendale all’università Ca’ Foscari di Venezia.
Una dissertazione in cui è andata a scoprire il mondo delle piccole realtà innovative, il loro approccio al mondo della cultura, ma anche gli ostacoli che incontrano. “Ho trovato capillarità e abbondanza di luoghi e attori del mondo culturale – ha raccontato l’autrice – Ma c’è ancora una sorta di refrattarietà al cambiamento, che è da un lato fisiologica, ma dall’altro molto marcata”. Eppure, la distanza maggiore è legata non tanto all’innovazione tecnologica, ma soprattutto a un’idea “manageriale” della cultura.
L’esperienza di Speakart
Tra le realtà coinvolte nell’indagine, c’è Speakart, startup nata nel 2017 dall’ingegnere Angelica Maritan, combinando il tema dell’arte alle nuove tecnologie per la digitalizzazione: “La mia famiglia ha una collezione d’arte e mi dava fastidio che fosse gestita ancora con post it e fogli Excel”.
Serviva qualcosa che consentisse di raccogliere informazioni sulle opere e sul loro stato, soprattutto in caso di viaggi o necessità di conoscerle meglio. Dopo avere studiato altre soluzioni, Maritan è arrivata a creare uno strumento che usa immagini ad alta definizione per riconoscere originali e falsi. Poi ha aggiunto una parte di catalogazione, che associa alle opere le informazioni su di loro.
Oggi SpeakArt è cresciuta e lavora con artisti, collezionisti e compagnie assicurative. E si sta aprendo alla logistica, per supportare chi trasporta e immagazzina opere d’arte. “Paradossalmente, però, non sono ancora riuscita a lavorare con i musei. Ci sono ancora resistenze, anche se digitalizzazione e marketing possono aiutare a guadagnare nuove risorse da investire”.
La “gamification” di Meeple
In tutt’altro campo opera Meeple Srl, nata proprio nel nostro coworking nel 2017, attraverso un percorso di incubazione d’impresa. Meeple usa la “gamification”, ossia l’approccio dei giochi, per fare sì che chi fruisce di un’esperienza culturale si diverta. Un esempio, ha raccontato Andrea Micheletti, uno dei fondatori, è l’app sviluppata per Padova Urbs Picta: consente di esplorare i siti artistici, avere informazioni tramite podcast e cercare di vincere dei giochi. La loro soluzione guida nel percorso di scoperta degli otto luoghi recentemente riconosciuti dall’Unesco. “Cultura” e “divertimento” in genere faticano a stare insieme, ma Micheletti racconta di avere trovato a Padova un’apertura verso questo approccio. Nonostante non manchino forme di scetticismo o distanza da questo mondo.
Serve probabilmente una nuova generazione, hanno convenuto gli ospiti, capace di adottare una nuova visione della cultura. Ma anche la capacità di governare questo cambiamento nelle città d’arte italiane.